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LA CHIESA DI
S. MARIA INCORONATA

STORIA DI UNA PARROCCHIA
NEL VILLAGGIO DI CAMARO

Chiesa esterno

Fig.1-Esterno della chiesa oggi.

La chiesa parrocchiale intitolata a S. Maria Incoronata e in cui si venera l’Apostolo Giacomo (Fig.1) nella vallata del Camaro, viene citata già nelle “Rationes decimarum”[1], ovvero i volumi che contengono i conti dei Collettori Pontifici per il Regno di Sicilia, incaricati di riscuotere la decima per conto della Santa Sede.

Nella zona di Camaro, vengono citate ben tre chiese, officiate con culto greco e dedicate a S. Nicola dell’Alto, a S. Clemente e a S. Maria. Delle prime due non esiste più traccia sul territorio. La chiesa intitolata a S. Maria era con molta probabilità quella di cui possiamo vedere alcuni rudere percorrendo l’attuale Via Chiesa Vecchia, richiamo anche questo all’antica chiesa ormai scomparsa: un cornicione di coronamento e alcuni stucchi .Rimane nella toponomastica dei luoghi la denominazione di Via Sacrestia, a memoria del luogo in cui si trovava probabilmente la vecchia canonica.

Pur non avendo a disposizione immagini che ci permettano di vedere come doveva apparire la Chiesa prima che fosse distrutta dal sisma del 1908, ci viene in aiuto la descrizione fatta da un visitatore, lo storico ed erudito messinese Gaetano La Corte Callier, il quale nel 1902 si recò in gita alla chiesa di Camaro Superiore. Di questa gita offrì un resoconto scritto nel volume “Comune e Provincia di Messina nella Storia e nell’Arte. Appunti presi nelle varie escursioni.”.

Della Chiesa ci dice:

 “S. Giacomo è la chiesa parrocchiale ed è anche dedicata a S. Maria l’Incoronata. Bella è la porta, opera del secolo XVI fiancheggiata da due colonne scanalate con bel fregio a rilievo ed in alto un semicircolo ove con grazia è scolpita l’incoronazione della Madonna. Il lavoro è più antico e meno fine di quello d’uguale soggetto collocato nella chiesa di Contesse o Tremestieri, non ricordo dove. L’interno è piuttosto grande, ad unica navata, con tettoia in legname e pavimento marmoreo. […] sei altari sono nelle due ali ed altri sul fondo. […] L’altare maggiore ha una bella balaustrata in marmi a varii disegni a commesso. […] Merita attenzione finalmente l’impalcatura dell’organo, che sorge sopra la porta d’ingresso. Il fondo è a cassettoni ottagoni ed il frontone tutto intagliato con gusto ed effetto.[2]

Dello stesso anno è anche la descrizione che ci offre la Guida “Messina e Dintorni”, dove leggiamo:

“Più in alto, è il villaggio di Camaro Superiore, la cui chiesa parrocchiale è del secolo XVI, come attesta l’architettura della porta esterna. Nell’interno è da osservare la tavola di S. Giacomo, quella del Gesù che consegna le chiavi a S. Pietro e la baretta del XVII secolo, in argento.”[3]

Il terremoto del 1908 fece crollare l’antica chiesa parrocchiale e tra le cose che non fu possibile recuperare figura anche l’antico portale cinquecentesco. La ricostruzione della chiesa post – terremoto non fu possibile nel sito originario, in quanto la ristrettezza del luogo non consentiva di osservare le distanze imposte dalla nuova disciplina antisismica.

Per la nuova chiesa, un nuovo progetto venne redatto nel 1923, firmato dall’ing. Antonino Duci e dal geom. Santo Giordano. Si ispirava allo stile arabo, e prevedeva sul prospetto pilastri arabescati, sormontati da statue. Questo progetto fu poi abbandonato e sostituito con altro firmato dall’ing. Francesco Barbaro, datato agosto 1928, che fu quello poi realizzato.[4]

Il progetto realizzato si ispira, come gran parte delle architetture chiesastiche ricostruite post terremoto, all’architettura Romanica (Fig.2). La pianta si sviluppa su tre navate, con pianta a croce latina con transetto indipendente e soffitto piano cassettonato e abside con volta a crociera. Il transetto è più alto della navata centrale, arrivando a un’altezza di 14,60 m, motivo tipico delle chiese messinesi, come nel Duomo o nella Chiesa di S. Francesco all’Immacolata. Alla chiesa è affiancato un campanile alto 18,70 m. La struttura portante, secondo le nuove norme antisismiche, è in cemento armato con tamponamenti in mattoni pieni nelle parti basse e forati nelle parti più alte. Anche le capriate e gli arcarecci della copertura sono in cemento armato, mentre l’orditura leggera è in legno. Seguendo lo stile Romanico, le pareti della navata centrale si sviluppano su archi a tutto sesto poggianti su colonne divisorie, con capitelli decorati con animali e gruppi di figure (Fig.3).

Interno

Fig.2-Interno chiesa oggi.

In facciata ritornano altri motivi cari allo stile Romanico: gli archetti pensili sui quali sono impostate le falde dei tetti spioventi e il protiro aggettante che incornicia e mette in evidenza la porta centrale. I tre portali che immettono nelle altrettanti navate sono decorati sulla sommità da lunette con bassorilievi raffiguranti temi cari al culto diffuso nella vallata: al centro, realizzato in marmo e probabilmente proveniente dalla chiesa originaria, è “L’Incoronazione della Vergine”(Fig.4), a sinistra “Lo sposalizio di Maria con Giuseppe” e a destra “S. Giacomo Matamoros”, secondo l’appellativo “Ammazza – mori”, per un suo intervento contro gli infedeli nella battaglia di Clavijo; queste ultime due lunette sono realizzate in stucco cementizio.

Fig.3-Capitello con figure di aquile.

Fig.4-Lunetta esterna con “Incoronazione della Vergine”.

Fig.5-Fonte battesimale cinquecentesco.

La nuova chiesa dedicata a Santa Maria Incoronata conserva all’interno parecchi reperti ed opere d’arte che sono stati recuperati dalle macerie dell’antica chiesa. In particolare, da questa provengono gli altari settecenteschi in marmi policromi intarsiati dedicati a S. Giuseppe e S. Giacomo che sono stati collocati nel nuovo transetto, una pregevole acquasantiera cinquecentesca in marmo bianco, collocata all’ingresso sulla destra, mentre a sinistra la ricomposizione di un capitello trecentesco, con decorazioni sullo stile bizantino che ricordano le foglie di acanto, e un pezzo di colonna ottagonale, funge da acquasantiera. All’inizio della navata laterale destra è il fonte battesimale cinquecentesco, circondato da una cancellata in ferro battuto (Fig.5).

Diverse sono le opere pittoriche degne di nota all’interno della chiesa, ma tra tutte spicca la tela[5] raffigurante “San Giacomo in vesti di Pellegrino” (Fig.6), opera a lungo attribuita a Polidoro Caldara da Caravaggio, pittore cinquecentesco che si formò a Roma e collaborò con Raffaello alla realizzazione delle Stanze Vaticane. Recenti studi[6] hanno invece riconosciuto nella tela la mano dell’allievo del maestro Polidoro, il messinese Stefano Giordano che si formò nella sua bottega e con il quale probabilmente collaborò alla tela del Patrono di Camaro. Francesco Susinno, nel suo testo “Le vite de’ Pittori Messinesi” ricorda quanto fosse forte la devozione dei cammaroti verso San Giacomo, tanto da aver ricoperto, a scopo protettivo, il dipinto con cristalli[7].

Tra le opere che sono state realizzate ex novo, spicca tra tutti il pulpito risalente agli anni ’50 e realizzato secondo lo stile che viene definito “Stile Coppedè”(Fig.7), dall’architetto fiorentino Gino Coppedè, che tra i primi si dedicò, all’indomani del terremoto del 1908, alla costruzione della nuova Messina. Il suo stile, definito anche come Liberty Eclettico, si caratterizza per la commistione di elementi geometrici con stilemi di ispirazione gotica e medievale, motivi floreali che avvolgono e arricchiscono colonne e pilastri. Tra le rappresentazioni che decorano le facce del pulpito vediamo San Giacomo pellegrino, il Sacro Cuore di Gesù e San Giovanni Evangelista, intento a scrivere il suo Vangelo. Tra i primi anni 2000 sono state realizzate le vetrate del cleristorio, la parte superiore delle pareti esterne, che rappresentano scene legate alla Vergine, titolare della chiesa (Fig.8).

Fig.6-“San Giacomo Pellegrino” di Stefano Giordano-XVI secolo.

Fig.7-Pulpito in “stile Coppedè”.

Vetrate

Fig.8-Vetrate con scene della vita di Maria..

Negli anni la Chiesa Parrocchiale è rimasta sempre attiva e la comunità partecipa con interesse e devozione alle attività organizzate da e per la Parrocchia. Nel 2010 la nascita della Cappella dell’Adorazione Eucaristica Perpetua ha arricchito la vita spirituale dei fedeli che giornalmente si alternano in adorazione davanti a Cristo Eucaristia esposto. In essa è contenuto un prezioso tabernacolo di scuola gaginiana (Fig.9).

Non ultima, in occasione dell’Anno Santo Jacobeo 2021,il restauro e la prossima apertura  della Cappella dedicata a S. Giacomo Apostolo adiacente la Chiesa Parrocchiale, che custodirà e renderà visitabile dai fedeli lo splendido Ferculum in argento dedicato a San Giacomo Apostolo (Fig.10), commissionato nel 1666 dalla Confraternita di Camaro[8].

Fig.9-“Tabernacolo di scuola gaginiana”

Fig.10-“Ferculum in argento dedicato a San Giacomo.”

[1]“IN FLOMARIA DE CAMMARIS – Petrus Philippus grecus capellanus ecclesie S. Nicolai de Alto tar I; Presbiter Nicolaus grecus capellanus ecclesie S. Marie tar. I gr X; Presbiter Nicolaus grecus capellanus ecclesie S. Clementis tar I”.

[2] “Comune e Provincia di Messina nella Storia e nell’Arte. Appunti presi nelle varie escursioni (con fotografie eseguite da Geat. La Corte Callier), ms. (inizi sec. XX) dell’Archivio Storico del Comune di Messina, Fondo G. La Corte Callier, pp. 90 – 94).

[3] “Messina e dintorni”, 1902

[4] N. Principato, Luoghi di culto dedicati a San Giacomo Apostolo a Messina in Peloro ’99, p. 103

[5] Originariamente su tavola, per le cattive condizioni del supporto ligneo il dipinto è stato trasportato nel 1968 su tela e restaurato dal prof. Ernesto Geraci (cfr. Opere d’arte restaurate 1965 – 1969, a cura di G. Consoli, Messina 1970).

[6] Per approfondimenti sull’attribuzione a Stefano Giordano: “Vincenzo degli Azani da Pavia e la cultura figurative in Sicilia nell’età di Carlo V” a cura di Teresa Viscuso, Palermo, Chiesa di Santa Cita, 1999

[7] F. Susinno, Le Vite de’ Pittori Messinesi, 1724 (ed. a cura di V. Martinelli, Firenze 1960).

[8] Secondo il contratto di committenza, Pietro juvarra con il fratello Gian Gregorio e i figli Eutichio e Sebastiano, si impegnavano nel 1666 a realizzare la “Vara del glorioso San Giacomo, tanto per l’argento tanto per la maestria”.